Nel polverone politico che Paolo Calvano, segretario del PD in Emilia-Romagna, ha sollevato in questi giorni, troviamo in realtà il succo di questo mio approfondi- mento da un punto vista della comunicazione e del marketing e quindi ben lontana dalla sfera politica.
La pubblicità che allude alle mordaci battute della Littizzetto è semplicemente sbagliata da un punto di vista della comunicazione poiché, come afferma Calvano, il messaggio impiegato è ben diverso dall’obiettivo per il quale è stata concepita la campagna pubblicitaria: promuovere una normalissima fiera gastronomica di una località di campagna della provincia di Ferrara. Chi ha curato la comunicazione ha scelto atipicità e sarcasmo ben lontano dal genere di comunicazione cui i ferraresi sono abituati, invece di focalizzarsi sui valori tipici, che contraddistinguono questo genere di promozione.
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Il concept creativo sul quale si basa questa scelta stilistica –tecnicamente a mio avviso è davvero povera di originalità, per non dire altro di più volgare- è stato volutamente creato per far parlare di sé. Si tratta di un’azione basata sul marketing virale, cioè far leva su fattori come stupore e curiosità per raggiungere più persone possibili e fare in modo che le stesse condividano poi (con effetto Domino) sui propri social-network.
Da un punto di vista marketing (inteso come numeri) lo scopo è stato pienamente raggiunto poiché, come abbiamo già avuto modo di appurare in passato con l’albero di Natale di Murano in piazza a Ferrara nel 2015, l’importante è che se ne parli indipendentemente che sia positivo o meno (a mio avviso sbagliatissimo, ma vitale invece per molte agenzie di comunicazione abituate a ragionare per numeri e non per risultati); da un punto di vista della comunicazione è sbagliato perché si tende a focalizzare l’attenzione sul claim “Tu la conosci la Jolanda?”, alludendo alle famose battute della Littizzetto, anziché sull’immagine della donna e il trattore, che ben ci stanno!
Quest’ultimo concetto (donne e motori), malgrado rafforzi l’idea maschilista delle passioni prettamente maschili, è un concetto giusto inquadrato nella storia di Jolanda di Savoia. Diventate famose grazie al celebre film Riso Amaro di Giuseppe De Santis del 1949, le Mondine hanno rappresentato un tassello importante nella storia italiana per quando riguarda la lavorazione del riso.
Del resto anche le macchine agricole sono il simbolo per eccellenza di quei processi di coltivazione agricola sempre più meccanizzata e all’avanguardia. Difatti visitando la bellissima mostra allestita presso il centro culturale di Jolanda di Savoia si ha la possibilità di scoprire questo fascino tra modernità e passato, fatto di donne e uomini, motori, agricoltura, storia del ‘900, bonifica e tradizioni.
Quindi dopo questa attenta analisi da un punto di vista della semiotica e del marketing, ritengo che sarebbe stato molto più saggio e vantaggioso focalizzarsi sull’immagine fotografica anziché sulla citazione testuale. Una scelta che sicuramente non avrebbe avuto l’effetto virale che ben conosciamo, ma almeno non avrebbe scatenato una polemica a danno dell’immagine della manifestazione. Difatti, a distanza di qualche giorno tutta la comunicazione web è stata sostituita, probabilmente a fronte delle innumerevoli lamentele. Quel malizioso “Tu la conosci la Jolanda?” modificata poi in “Tu conosci Jolanda?” diventa per la seconda volta un invito a scoprire la località di Jolanda di Savoia anziché le sue “Giornate del Riso”. Insomma se ne sono lavati le mani togliendo un paio di articoli determinativi, voltando le spalle alla brand reputation, lunga e difficile da costruire e veloce da perdere in poco tempo.
Chi ha gestito la comunicazione e il marketing probabilmente non conosce la storia del luogo, ma soprattutto non conosce il target del territorio. In pratica non conosce costumi, valori e tradizioni di un tempo, essenziali per costruire una comunicazione di questo genere. Come diceva il mio professore dell’università: per fare il marketing degli eventi, basati su tradizioni del passato, occorre vivere esperienze di vita locale sulla propria pelle oppure affidarsi a qualcuno del luogo che risiede lì da anni.
Insomma non c’è da stupirsi se si osserva il lavoro marketing nella sua completezza. Dal logo “celtico” della manifestazione che dovrebbe richiamare una spiga di riso, al sito web ufficiale dell’evento che si spera di trovare ai primi risultati di una ricerca su Google e al suo posto si trova invece il programma fiera 2012 di qualche altro vecchio sito.
Nell’immagine il codice sorgente del sito ufficiale dell’evento che mostra la scarsa o errata attività di ottimizzazione del sito sui motori di ricerca (S.E.O), che causa quindi il pessimo posizionamento nella SERP.